Non sia turbato il vostro cuore.

Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.

Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore.

Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»?

Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto,

verrò di nuovo e vi prenderò con me,

perché dove sono io siate anche voi.

Gv. 14, 1-3

 

 

La vita cristiana, in fondo, è costituita da queste due realtà: il tempo che viviamo e quello che ci attende oltre la morte. E questo non solo perché l’esperienza della vita terrena che condividiamo è di fatto compresa tra la nascita e la morte, tra il comparire tra i viventi e l’essere accolti nel tempo senza fine, ma anche perché dal modo concreto in cui interpretiamo l’annuncio di speranza che il Signore ci rivolge si può comprendere quale sarà l’esito della nostra vita, quale sarà il valore che sapremo dare ad essa.

A volte, anche per noi cristiani, la vita può essere interpretata quasi solo come un peso da portare, un dovere da compiere, una “valle di lacrime” da attraversare senza speranza. Lo sguardo è rivolto all’aldilà, dove finalmente troveremo pace e sollievo, ricompensa alle nostre fatiche. Se il nostro sguardo è solo questo, l’autenticità della nostra fede è in bilico e soprattutto la nostra vita scorrerà lenta e informe, senza prospettive di alcun tipo.

Altre volte invece capita di vedere (e quanto spesso nel tempo della quarantena che stiamo vivendo) una sorta di strano attivismo frenetico, che ci dà l’illusione di essere vivi perché pieni di cose da fare e da organizzare. Forse il disagio che tutti abbiamo provato in questi giorni apparentemente vuoti e inutili è stato proprio quello di doverci fermare, di abituarci a ritmi più lenti, di prendere coscienza, quasi fosse una doccia fredda, del ritmo frenetico ed esagerato a cui avevamo ormai fatto l’abitudine.

Nessuna di queste due prospettive rappresenta in modo corretto la vita in pienezza, così come la intende l’esperienza evangelica. Non ci sfugga l’invito di Gesù in questa domenica a “non avere timore”. Non è la paura, che genera spesso la frenesia del fare, che deve guidare la nostra vita. Piuttosto la certezza che il Signore è andato “a prepararci un posto”, cioè a preparare per noi la condizione di una pienezza di comunione con lui che è già iniziata con il Battesimo e che non avrà mai fine.

Il cristiano è quindi colui che, pur avendo presente uno sguardo sul tempo oltre la morte, si impegna per il bene di questo mondo, si dà da fare perché non manchi il suo contributo alla costruzione del bene comune. E’ il Concilio Vaticano II a ricordarcelo, quando afferma che “l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova (…) che adombra il mondo nuovo.” (GS 39)

In questi giorni in cui si celebra il 42° anniversario dell’uccisione di Aldo Moro, un politico, uno statista, ma anzitutto un cristiano che ha cercato di vivere la sua fede nel servizio agli altri, sono state citate da più parti le sue parole che vale la pena ricordare, pronunciate all’età di 28 anni, nel tempo della difficile ricostruzione del dopoguerra, che in questi nostri giorni di “fase due” assumono un significato ancora più  profondo: “Ora dobbiamo percorrere una lunga e difficile strada; dobbiamo appunto ricostruire. Cominciamo di qui. Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere, senza nulla perdere dei valori che in ogni opera fatta dagli uomini e per gli uomini si ritrovano. Così possiamo servire veramente la Patria che soffre. Chi ha da studiare, studi. Chi ha da insegnare, insegni. Chi ha da lavorare, lavori. Chi ha da combattere, combatta. Chi ha da fare della politica attiva, la faccia e con la stessa semplicità di cuore con la quale si fa ogni lavoro quotidiano. Madri e padri attendano ad educare i loro figliuoli. E nessuno pretenda di fare più e meglio di questo. Perché questo è veramente amare la Patria e l’umanità”. (A. Moro, 1944 / 9 maggio 1978 – 9 maggio 2020)

E ancora potremmo ricordare la massima attribuita a Sant’Ignazio di Loyola che ci ricorda con un semplice motto come potrebbe essere il senso da dare alle nostre giornate: “Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio”.

 

d. Francesco