“Esulti sempre il tuo popolo, o Padre,
per la rinnovata giovinezza dello spirito,
e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale,
così pregusti nella speranza
il giorno glorioso della risurrezione.”

 

 

Con queste parole la Chiesa prega in questa terza Domenica del tempo pasquale.

Come cristiani siamo invitati a prendere coscienza della “giovinezza dello spirito” che ci caratterizza (o che dovrebbe caratterizzarci…), al di là dell’età anagrafica, che naturalmente non dipende da noi.

La “giovinezza dello spirito” di cui parla la preghiera d’inizio della Messa di oggi ci fa venire in mente le varie occasioni in cui papa Francesco ha esortato tutti noi all’impegno, soprattutto nei discorsi rivolti ai giovani, ai quali ha più volte rivolto l’appello a non lasciarsi catturare da una sorta di “sindrome da divano” che diventa un atteggiamento remissivo e inconcludente, certamente non condivisibile per chi vive la fede nel crocifisso risorto.

E ciò a sottolineare, qualora ce ne fosse il bisogno, che la “giovinezza dello spirito” è atteggiamento trasversale, che c’è o non c’è… al di là e ben oltre l’età anagrafica, come ben ricordava il poeta americano Samuel Ullman (1840 – 1924), secondo il quale “non si diventa vecchi per il numero degli anni, ma per l’abbandono degli ideali”, dato che “gli anni segnano le rughe sulla pelle, ma la rinuncia agli ideali le segna nello spirito” e ciascuno di noi resterà giovane fino a quando resterà “aperto al bello, al buono, al grande, aperto ai messaggi della natura, dell’uomo, dell’Infinito”.

Della “giovinezza dello spirito” potremmo sottolineare allora qualche aspetto che in questo tempo di “fase due”, che speriamo ci riporti presto ad una vita più normale e più serena, diventa particolarmente urgente ed importante. Chi è “giovane nello spirito” potremmo identificarlo con chi è riconciliato con la realtà, con il proprio presente, con chi non ha pretese eccessive su di sé e sugli altri e tuttavia sa guardare avanti con fiducia e speranza, confidando ogni giorno nella fedeltà di Dio e vivendo la propria vita con semplicità e responsabilità. Certamente non è “giovane nello spirito” chi si lascia prendere invece da una vana lamentosità, dal brontolare su tutto e su tutti, oppure da un atteggiamento di rassegnazione delusa che porta solo alla tristezza e all’incapacità di mettersi le mani attorno.

Il cristiano, secondo questa preghiera, è chiamato a vivere la sua dignità di figlio e a pregustare fin d’ora la gioia della risurrezione, che non manca di essere presente nella sua vita, in tante forme e realtà.

Serve attenzione, vigilanza, per non rischiare di sentirci dire che siamo stati “stolti e lenti di cuore a credere…”, come dice Gesù ai due discepoli di Emmaus (Lc. 24, 25); ma ci fa riflettere il fatto che egli, dopo questo rimprovero sincero e fraterno “fece come se dovesse andare più lontano”… e poi addirittura “sparì dalla loro vista” (Lc. 24, 28.31). Nessuna delega, quindi, nessun alibi, nessuna rinuncia alle proprie responsabilità. Chi incontra veramente il Signore risorto sa che deve camminare con le proprie gambe, con la forza e la dignità che gli vengono dall’essere figlio e con la “giovinezza dello spirito”, che non viene meno e garantisce di mettere semplicemente un passo dietro l’altro, con gioia, fiducia e speranza, nell’attesa dell’incontro pieno e definitivo con Colui che è eternamente giovane, perché è il “Signore, amante della vita”. (Sap. 11, 26).

 

  1. Francesco.